La primavera è arrivata

La primavera

“Era uno di quei giorni di Marzo in cui il sole splende caldo ed il vento soffia freddo: quando è estate nella luce e inverno nell’ombra” (Charles Dickens)

Il nuovo anno sembra essere appena iniziato e invece ci ritroviamo già ad aspettare l’ennesimo passaggio all’ora legale, che avverrà il prossimo 28 marzo. Le giornate però, sembrano già avere un altro profumo, potendo godere della luce del sole fino a tardo pomeriggio.

Marzo l’ho sempre concepito come il mese dell’attesa, quel limbo tra l’inverno e la primavera, la mia stagione preferita: i colori che finalmente brillano di nuovo, il verde che torna a popolare il panorama, i fiori che sbocciano, il profumo di aria fresca e le giornate sempre più lunghe. L’arrivo della bella stagione è dietro l’angolo, ma abbiamo l’occasione di rilassarci ancora un po’ e di godere a pieno di questa trasformazione.

Certo è, che Marzo a Moena è sempre un toto scommesse, e forse è proprio questo che lo rende un mese davvero curioso. Non si sa mai cosa aspettarsi, che tipo di clima e di conseguenza come vestirsi, il resoconto della stagione invernale che sta per volgere al termine, la sessione universitaria che finisce.

Un po’ tutti tendiamo a tirare le somme in questo mese, ed è proprio per questo che, per le mie esperienze personali, Marzo è sempre stato un periodo pieno di motivazione, di voglia di fare e di mettersi in gioco. Mi piace riuscire a vedere oltre allo spazio concepito unicamente dai miei occhi, e l’aura che emana questo mese è diventata un appuntamento fisso oramai ogni anno.

Io la sento l’aria che cambia, quella sensazione di libertà e di leggerezza.

Sfruttiamolo questo periodo, in un’epoca storica cupa come questa facciamoci luce, cerchiamo di cogliere quelle sfumature di positività che, anche se piccole, ci vengono offerte: una passeggiata nel bosco per liberare la mente, un’alba o un tramonto con le persone che vogliamo accanto, l’inizio di nuovi progetti, di nuove idee. Proprio come il fiore che sboccia dopo un inverno difficile, in maniera diversa dall’anno precedente, pronto per riempire nuovamente di colori brillanti quel paesaggio che sembrava consumato da quell’atmosfera così gelida.

Questo è il mio miglior augurio per l’imminente inizio della primavera.

ARTISTA FASSANO STEFANO MERIGHI

Stefano Merighi

È USCITO OGGI, 19 FEBBRAIO, L’ALBUM DI DEBUTTO DELL’ARTISTA FASSANO STEFANO MERIGHI

Se avete già provato l’ebrezza di una passeggiata serale estiva per il centro della nostra Moena, la Fata delle Dolomiti, non potete non aver già assaporato la vocalità sensibile ed esplosiva di Stefano Merighi. Ed è proprio oggi, 19 febbraio 2021, che esce il suo album di debutto “Stefano Merighi Pt.1”, in cui vengono raccolti e raccontati dieci anni di vita dell’autore attraverso la musica.

Stefano Merighi è un cantante e musicista della Val di Fassa, noto agli assidui frequentatori della Valle per i suoi numerosi live nelle piazze dei vari paesi, tra cui Moena. Fin dalla sua infanzia cresce con una grande passione ed un elevato entusiasmo per la musica e tutto ciò che è il mondo che ne deriva e la circonda. Il suo viaggio in questa dimensione comincia partendo dal punk, ma è in età più matura che scopre l’energia trasmessa dal reggae e, con tanta voglia di trovare la propria strada, si cimenta anche nella sperimentazione di generi musicali come il blues, che lo porterà poi a scrivere il suo primo pezzo in lingua ladina: “Fech te mi eies”.

“Ho deciso di dedicare parte del disco al suono dolce e curioso di questa lingua minoritaria parlata tutt’oggi nelle vallate ladine da cui provengo. Proprio in uno di questi brani ho sentito la necessità di portare avanti le radici della mia storia componendo ed arrangiando una poesia di Padre Frumenzio Ghetta, grande storico e portavoce della cultura ladina” ha affermato Stefano stesso.

L’album è composto da sette tracce in lingua italiana, inglese e ladina: “Lum che cresc” e “Le man de mia mare” sono i titoli dei brani che racchiudono la sua voglia di esprimersi attraverso la musica omaggiando la nostra cultura linguistica minoritaria.

 

“Stefano Merighi Pt.1” è ora disponibile su tutte le piattaforme digitali e comprende anche “Sweet Gyal”, il primo singolo estratto dal disco. È possibile richiedere anche una copia fisica dell’album contattando direttamente l’artista sui suoi canali social Facebook e Instagram.

Nell’attesa di una stagione estiva carica e piena di energia, Stefano Merighi vi aspetterà sicuramente in qualche angolo di Moena, pronto a raccontarvi la sua storia tramite le sue parole e la forza della sua musica.

Zuccherini alcolici: come concludere un pasto in allegria

Chiudiamo gli occhi.

Dimentichiamoci per un attimo del presente per tornare, almeno a livello concettuale, a quelle che sono sempre state le nostre abitudini, la nostra quotidianità, insomma un anno qualsiasi in cui la stagione invernale è partita regolarmente: impianti e rifugi aperti, hotel e appartamenti prenotati fino a Pasqua, strade trafficate da macchine e pedoni e bar e ristoranti che lavorano senza sosta.

Immaginiamo, insieme…

La sveglia suona. È presto, sono le 7 appena. Ci affacciamo alla finestra, il meteo aveva previsto bene, è una splendida giornata di sole, neanche una nuvola a coprire il cielo di Moena. Esatto, ci troviamo a Moena, nel cuore della Val di Fassa e, prima di iniziare concretamente la giornata, ci soffermiamo per qualche istante a godere dello spettacolo che abbiamo di fronte: quel panorama che fino a qualche giorno prima ammiravamo con un pizzico di invidia solo dalle cartoline ricevute dagli amici di una vita ma che ora, finalmente, abbiamo davanti ai nostri occhi.

Riprendiamo fiato, non c’è tempo da perdere: ci prepariamo per una giornata da vivere a pieno, con gli sci in spalla ed immersi nel bianco che ci circonda. Cerchiamo così di goderci ogni secondo di quell’esperienza, dall’emozione nel risalire gli impianti, al divertimento di sciare spensierati pista dopo pista, senza preoccupazioni esterne, staccando per una volta la mente dallo stress quotidiano.

Il tempo quando si sta bene vola, si sa, e così si è già fatta ora di pranzo. Andiamo nel rifugio che ci è stato consigliato proprio da loro, i nostri amici che tanto erano affezionati a quei posti. Ci hanno sempre raccontato di quanto fossero accoglienti i ristoratori di montagna, e di quanto l’anziana proprietaria di quel rifugio trattasse ogni cliente come un membro della sua famiglia. E proprio come ci avevano raccontato, per qualche ora ci siamo sentiti come a casa, bene, e, tra una chiacchiera, un bel piatto caldo e qualche calice di vino, è arrivato il momento di pagare e rimettersi in pista. Ma è in quel momento che veniamo fermati proprio dalla proprietaria del rifugio: non possiamo andarcene senza aver provato i suoi zuccherini alcolici che lei stessa ha preparato con cura da offrire ai propri clienti, “il modo migliore per scaldarsi e digerire allegramente”.

Sono riuscita a farvi viaggiare insieme a me, almeno per qualche istante? Facile vero? Alla fine non si tratta che di ricordi, e, in caso contrario, ho qui pronta la preparazione proprio degli zuccherini alcolici, zollette di zucchero lasciate a riposare nell’alcol ed aromi vari, tipici di molti luoghi di montagna. Essendo che in questo periodo non possiamo assaporarli in alta quota data la riapertura posticipata degli impianti, niente ci vieta di prepararli direttamente a casa così da riportare alla realtà almeno una parte di queste nostre fantasie.

INGREDIENTI:

– Un vasetto di vetro

– Alcol puro (alimentare) q.b.

– Zollette di zucchero q.b.

– Aromi, spezie, erbe a volontà

È una procedura molto semplice dove l’unica dote richiesta non è altro che la fantasia!

La prima cosa da fare è procurarsi un vasetto di vetro, meglio se a chiusura ermetica ma anche vecchi vasetti di marmellate o miele vanno benissimo: è sempre un piacere poter riutilizzare oggetti già presenti all’interno delle nostre case.

Ora è il momento di inserire le zollette di zucchero alternate dai vari aromi all’interno del vasetto di vetro, per poi riempirlo fino all’orlo di alcol puro o in alternativa, si può utilizzare anche la grappa.

Per quanto riguarda gli aromi, è proprio qui che entra in gioco la fantasia sopra citata, senza limiti né confini, date spazio all’immaginazione e alla soddisfazione del vostro palato: si può spaziare dalla menta ai chiodi di garofano, dalla buccia di vari agrumi alle bacche di vaniglia, insomma, nessun vincolo se non il vostro gusto personale.

A questo punto non rimane che sigillare per bene il barattolo e lasciarlo riposare per circa un mese di tempo, meglio ancora se in un posto soleggiato.

Trascorso il tempo necessario, è giunto nuovamente il momento di chiudere gli occhi e volare con la fantasia, ma, diversamente da prima, con uno zuccherino in mano, pronto da assaporare, sentendo questa volta il profumo dei ricordi di montagna un po’ più vicini e concreti, e pronti per ripartire, più carichi che mai, appena tutto sarà pronto e sistemato.

“Bondì, bombona a mi”

Qual è la vera importanza delle tradizioni? Che rilevanza può avere tramandare, di generazione in generazione, un’idea, un concetto, un momento di condivisione e di gioia?

Sono una studentessa “fuori sede” da cinque anni, ho avuto modo di confrontarmi con tanti ragazzi e ragazze provenienti da tutta Italia e non solo. Ho avuto molti momenti di confronto riguardo a questa tematica ed è sempre bello ed interessante poter ascoltare le tradizioni e le usanze tipiche provenienti da nord a sud e oltre, ma ciò che è ancora più bello ed emozionante è vedere gli occhi affascinati di chi ti ascolta quando, con una buona dose di orgoglio e patriottismo, posso raccontare tutte le tradizioni che in Val di Fassa si tramandano da secoli, generazione dopo generazione.

A Moena e in Val di Fassa di tradizioni ne “vantiamo” molte, e non ci facciamo mancare nemmeno un buon saluto al nuovo anno, perché è proprio della magia del primo giorno di ogni anno che vi vorrei parlare.

“Bondì, bombona a mi”.

Ricordo quando da bambina mi svegliavo presto la mattina di capodanno, carica di emozione mi vestivo di fretta perché era arrivato il momento di andare a bussare alla porta della mia “nona” e del mio “non”, termini ladini che indicano rispettivamente la madrina e il padrino di battesimo, per poi recitare la tipica frase “bondì, bombona a mi” (Buongiorno, la bombona va a me) e ricevere finalmente il tanto aspettato dono.

Ma cos’è esattamente la “bombona”?

Il “bracedel”, conosciuto anche come “bracel”, è un dolce tipico delle nostre zone, un pane dolce che i padrini di battesimo vanno a comprare o addirittura preparano personalmente per il proprio “fioc” o la propria “fiocia”, ovvero il proprio figlioccio o figlioccia, fino al compimento del loro diciottesimo anno. Niente vieta però di poterlo richiedere anche dopo per chi, come la sottoscritta, ha bisogno di un pretesto in più per non pensare agli anni che scorrono e vuole ammirare ancora una volta il mondo con gli occhi dei più giovani.

Mia nonna me lo raccontava sempre quanto per lei fosse importante quel momento, e così con la sua stessa trepidazione cercherò anche io di portare avanti questo messaggio. Attimi di unione che non solo emozionano i più piccoli, ma anche i più grandi che porgendo questo dono, possono augurare il meglio per l’anno appena iniziato.

Ecco forse la vera chiave delle nostre tradizioni, un legame comunitario che ci accomuna e che ci rende uniti anche solo per qualche istante, un legame che in un anno come il 2020 è sicuramente venuto a mancare in parte e che può darci la forza di ripartire, insieme.

Che questa “catena” possa non svanire mai.

Avete anche voi delle tradizioni per salutare il nuovo anno? Condividetele con noi!