40 ANNI DI CORO ENROSADIRA

Coro Enrosadira

Il Coro Enrosadira di Moena compie 40 anni di attività 

Un compleanno che arriva in un momento difficile e per questo ancora più importante

Era l’autunno del 1981 quando l’entusiasmo e la passione per il canto di alcuni giovani di Moena li portò a costituire il Coro Enrosadira che festeggia quest’anno il suo 40° anno di fondazione. Il debutto canoro risale al maggio del 1982 con alla guida il maestro Giancarlo Facchini, rimasto in carica fino al 1985. In seguito, la direzione è passata al maestro Luigi Chiocchetti, storico trascinatore e anima del gruppo fino ai primi mesi del 2012, con una parentesi dal 1993 al 1996 durante la quale il Coro è stato diretto dal maestro Franco Pellegrin di Soraga. Dal febbraio del 2012 all’autunno del 2018 la direzione è passata alla maestra Barbara Pedrotti di Predazzo che con impegno e passione ha reso ancora più originale ed unico il sodalizio corale dell’Enrosadira, accompagnandolo in esperienze e situazioni nuove che hanno accresciuto la formazione musicale e tecnica del Coro. Dal dicembre del 2018, per circa un anno, Alberto Zeni di Tesero è stato l’ultimo maestro del Coro Enrosadira.

In questi anni sono stati innumerevoli i concerti che hanno reso protagonista il Coro Enrosadira sia in ambito locale, nazionale che internazionale. Durante i primi 30 anni di vita, memorabili rimangono le trasferte oltreoceano in America del Nord, nel 2002 con esibizioni a Chicago, Toronto e New York e nel 2011 in Brasile, nello stato di Santa Caterina e a Rio de Janeiro. Significative anche le trasferte in Sicilia nel 2005 e in Spagna nel 2007, dove il Coro ha intrapreso una sorta di scambio culturale con le minoranze etniche degli Arbëreshe (Albanesi di Sicilia) e della Catalunya (Spagna). Da ricordare inoltre Roma nel 2006, dove il Coro è stato ospite del Presidente della Repubblica Carlo Azelio Ciampi.

Oltre al tradizionale repertorio di canti della montagna e popolari il Coro Enrosadira dedica parte del suo tempo allo studio e all’esecuzione di canti ladini, specialmente quelli legati alla figura storica del compositore moenese Ermanno Zanoner in arte “Luigi Canori”. Testimone di ciò è la realizzazione del CD dal titolo “ENROSADIRA – Ciantar Moena” (maggio 2008), una raccolta di 17 canti nella quale si è voluto recuperare e riproporre i più significativi brani di Luigi Canori omaggiando Moena e la sua gente. Sempre di Luigi Canori, il Coro Enrosadira ha interpretato assieme all’Ensemble Canticum Novum di Moena e all’orchestra Dissuono di Mori l’opera “Laurin” presentata in ben quattro occasioni, una delle quali al teatro Santa Chiara di Trento.

Risale invece al 2001 la prima incisione discografica “L’è n bel color…” che raccoglie i canti più significativi del primo ventennio.

Per poter fissare le ultime importanti esperienze vissute, per divulgare canzoni e trasmettere nuove emozioni, senza dimenticare realtà lontane ed importanti avvenimenti della storia, è nata spontanea l’esigenza di incidere, nel 2016, un nuovo CD. Si tratta di una registrazione particolare con l’intento di proporre un “percorso musicale” attraverso un ideale itinerario costruito su canti di provenienza diversa armonizzati per coro maschile: quelli in lingua ladina fassana, passando attraverso il ricordo della tragedia della Gran Vera (Grande Guerra) che ha toccato il nostro territorio, quelli in lingua friulana – anch’essa terra di minoranze linguistiche – quelli della tradizione trentina e del canto corale popolare ed infine quelli in lingua africana. Il titolo del CD “…color d’Enrosadira” vuole idealmente segnare la continuità di questo ultimo lavoro con la prima pubblicazione discografica “L’è n bel color…” del 2001; infatti i due titoli, uniti tra loro, richiamano la prima frase di una delle più conosciute canzoni moenesi del Canori: Crepe Spavide “L’è n bel color color d’Enrosadira”.

Dall’inizio del 2020 il Coro si trova senza la guida di un direttore e la pandemia ha reso ancor più difficile affrontare questo momento. La distanza sociale e l’impossibilità di svolgere le consuete prove da un lato ci ha allontanati ma dall’altra parte ha rinnovato e rinforzato la voglia e lo stimolo a trovarci ed impegnarci ancora.

Per questo il traguardo dei 40 anni di fondazione è un evento molto importante e sentito, che speriamo potrà aiutarci a ritrovare l’equilibrio e l’entusiasmo di un tempo. Al momento non è possibile programmare nessun appuntamento pubblico, fino a quando l’emergenza sanitaria non sarà rientrata. La voglia di festeggiare però non manca e stiamo pensando di rinfrescare la memoria dei nostri affezionati con un salto indietro nella storia del Coro attraverso l’aggiornamento del nostro sito e i nuovi canali social.

Speriamo di poter riavvicinarci al nostro pubblico prima virtualmente e poi realmente con la speranza di poter festeggiare di persona 40 anni di storia, passione e condivisione!

IL PARADISO DELLA PESCA

pescatori

Chi sceglie Moena per le proprie vacanze estive lo fa per la bellezza mozzafiato dei suoi panorami, per concedersi lunghe camminate nella natura, per potersi confrontare con una difficile arrampicata, per andare nei boschi a raccogliere funghi o più semplicemente per la tranquillità che regala la Fata delle Dolomiti.

Ma c’è un nuovo “turismo” che si sta facendo strada negli ultimi anni.

Sono infatti sempre di più gli appassionati che salgono fino alla Val di Fassa per cimentarsi con l’attività alieutica nelle acque in concessione all’Associazione Pescatori Dilettanti di Moena fin dal lontano 1957.

Proprio l’attenta gestione dei soci che si sono avvicendati in questi 60 anni ha portato i nostri 8 km di Avisio ad essere fra i più pescosi dell’intero Trentino.

Ogni anno splendide trote rustiche danno vita allo spettacolo della frega che rende questo meraviglioso torrente di fondovalle sempre più ricco e vivo. Non vi sono infatti immissioni di pesce adulto e il grosso del lavoro viene lasciato alla natura che talvolta supportiamo con la cattura dei riproduttori che poi vengono trasportati all’incubatoio di Cavalese per la spremitura e la successiva immissione di avannotti dal DNA al 100% selvatico.

L’Avisio, attraversando il centro del paese, passa da un ambiente rurale a quello più selvaggio del tratto fra Moena e la frazione di Forno ed è un autentico paradiso per gli amanti di tutti i tipi di pesca.

Si possono trovare esemplari di notevole taglia, infatti non mancano le catture che superano il mezzo metro e con i quali si danno vita a lunghi ed intensi combattimenti tali da testare anche i pescatori più esperti.

Un altro autentico gioiello è il lago di San Pellegrino, sito ai 1.900 metri dell’omonimo Passo ed incastonato fra le maestose vette del gruppo Margherita che si rispecchiano nelle sue acque.

Teatro di aspre battaglie durante la Prima guerra mondiale è ora frequentato soprattutto per la sua naturale bellezza e non è raro, specialmente al mattino presto, scorgere cervi e caprioli che si avvicinano per abbeverarsi. Da qualche tempo, in collaborazione con la Provincia di Trento, è operativo un progetto volto alla salvaguardia del Salmerino Alpino, attività che sta dando ottimi frutti.

Da questo lago nasce l’omonimo rio che scorre spumeggiante per 15 chilometri prima di buttarsi in Avisio.

Un rio vero, naturale, selvaggio e ricco di pesci furbi e smaliziati in cui solamente il pescatore attento, sia nell’avvicinamento che nella presentazione dell’esca, riesce ad avere la meglio su fario e salmerini dai colori incredibili e dalla vivacità tipica dei pesci di alta quota.

Strudel di mela di mamma Ilaria

Strudel di mela

Voi conoscete qual è uno dei metodi migliori per risvegliare i ricordi?

La memoria olfattiva che ci permette di memorizzare un particolare odore o profumo, con tutte le caratteristiche fisiche ed emotive che porta con sé. Ci permette di rievocare interi momenti in maniera nitida.

Per questa ragione ho pensato di provare a rievocare i vostri ricordi di Moena condividendo con voi la ricetta del nostro amato strudel di mele.

Per la pasta:

  • gr. 250 farina
  • 1 uovo
  • Gr. 80 acqua tiepida
  • 1 presa di sale
  • 1 cucchiaio di zucchero
  • gr. 50 burro morbidissimo, quasi fuso

Per il ripieno:

  • gr. 500 di mele
  • succo di limone
  • gr. 50 uva sultanina, mettetela a bagno nell’acqua
  • gr. 30 pinoli
  • gr. 50 pangrattato
  • 1 noce di burro
  • cannella in polvere
  • zucchero a velo

Procedimento:

Disponete la farina a fontana, nel pozzetto mettete tutti gli ingredienti, lavorare il tutto prima con una forchetta e poi con le mani finché si ottiene una pasta liscia e morbida; battete l’impasto sul tavolo per renderlo elastico.

Formate una palla, lasciatela riposare per mezz’ora fra due piatti caldi.

Nel frattempo sbucciate le mele e tagliatele sottilissime, ponetele in una terrina e spruzzatele con il succo di limone, così eviterete che diventino scure, aggiungete l’uvetta ben strizzata, i pinoli, cospargete la cannella e per finire aggiungete il pangrattato rosolato con la noce di burro.

Posate la pasta sul tavolo infarinato e tiratela sottilissima con il mattarello poi spostatela su  un canovaccio.

Fatto questo distribuite il ripieno.

Arrotolate la pasta con l’aiuto del canovaccio e schiacciate bene le estremità.

Fate scivolare il rotolo su una teglia da forno, spennellatelo con il rosso d’uovo ed infornatelo a 180° per circa 50 minuti.

Servitelo tiepido con una spruzzata di zucchero a velo. Buona merenda!

Ora che conoscete ogni segreto per cucinare uno strudel perfetto provateci voi e spero di riuscire ad aiutarvi a rievocare dei bei ricordi sulla nostra amata Fata delle Dolomiti. Se sì condividetelo con tutti noi!

 

La primavera è arrivata

La primavera

“Era uno di quei giorni di Marzo in cui il sole splende caldo ed il vento soffia freddo: quando è estate nella luce e inverno nell’ombra” (Charles Dickens)

Il nuovo anno sembra essere appena iniziato e invece ci ritroviamo già ad aspettare l’ennesimo passaggio all’ora legale, che avverrà il prossimo 28 marzo. Le giornate però, sembrano già avere un altro profumo, potendo godere della luce del sole fino a tardo pomeriggio.

Marzo l’ho sempre concepito come il mese dell’attesa, quel limbo tra l’inverno e la primavera, la mia stagione preferita: i colori che finalmente brillano di nuovo, il verde che torna a popolare il panorama, i fiori che sbocciano, il profumo di aria fresca e le giornate sempre più lunghe. L’arrivo della bella stagione è dietro l’angolo, ma abbiamo l’occasione di rilassarci ancora un po’ e di godere a pieno di questa trasformazione.

Certo è, che Marzo a Moena è sempre un toto scommesse, e forse è proprio questo che lo rende un mese davvero curioso. Non si sa mai cosa aspettarsi, che tipo di clima e di conseguenza come vestirsi, il resoconto della stagione invernale che sta per volgere al termine, la sessione universitaria che finisce.

Un po’ tutti tendiamo a tirare le somme in questo mese, ed è proprio per questo che, per le mie esperienze personali, Marzo è sempre stato un periodo pieno di motivazione, di voglia di fare e di mettersi in gioco. Mi piace riuscire a vedere oltre allo spazio concepito unicamente dai miei occhi, e l’aura che emana questo mese è diventata un appuntamento fisso oramai ogni anno.

Io la sento l’aria che cambia, quella sensazione di libertà e di leggerezza.

Sfruttiamolo questo periodo, in un’epoca storica cupa come questa facciamoci luce, cerchiamo di cogliere quelle sfumature di positività che, anche se piccole, ci vengono offerte: una passeggiata nel bosco per liberare la mente, un’alba o un tramonto con le persone che vogliamo accanto, l’inizio di nuovi progetti, di nuove idee. Proprio come il fiore che sboccia dopo un inverno difficile, in maniera diversa dall’anno precedente, pronto per riempire nuovamente di colori brillanti quel paesaggio che sembrava consumato da quell’atmosfera così gelida.

Questo è il mio miglior augurio per l’imminente inizio della primavera.

2021 Moena raggiunge il suo sogno

Febbraio sarà un mese da ricordare per la Val di Fassa, soprattutto per il comune di Moena e la località Passo San Pellegrino.

Vi chiederete perché.

Finalmente un grande sogno, a cui da sempre si puntava, è stato raggiunto e anche in Val di Fassa verrà disputata la Coppa del Mondo Femminile di sci alpino.

Per la disciplina dello sci da discesa libera non tutte le piste hanno le caratteristiche ideali: queste, infatti, devono rispettare rigidi standard di lunghezza e livelli di tecnicità. Standard che la new entry del Col Margherita, la pista “Volata” è riuscita a soddisfare. Tanti sono i punti molto tecnici e difficili di questa pista, ma, secondo una delle nostre atlete azzurre emergenti, il primo ostacolo si presenta alla partenza e cioè il meraviglioso panorama che non si può far altro che ammirare. Come darle torto!

Siamo tutti molto elettrizzati e auguriamo a tutte le atlete di scendere in campo con tutte le loro competenze tecniche e materiali migliori e di fare una bella gara (un occhio di riguardo va chiaramente sempre rivolto verso le nostre atlete azzurre).

Ma a proposito di materiali… Come molti di voi sapranno, l’attrezzatura da sci non è sempre stata così. Al giorno d’oggi tutto è molto più performante e con un design progettato per aiutare lo sciatore o atleta nei movimenti, mentre ai tempi era ben diverso!

sci

Non ci sono dati certi ma si pensa che lo sci fosse usato dai popoli Scandinavi già nel 2500 a.C. come modo per andare a caccia e a pesca nel loro territorio che era coperto di neve per la maggior parte dell’anno.

Da questo periodo in poi lo sci alpino si è evoluto enormemente negli anni. Le popolazioni scandinave usavano un tipo di sci molto simile a quelli che vengono usati oggi, in legno e con un unico lungo bastone che agevolava lo sciatore nel curvare e che oggi ha lasciato il posto ai nostri moderni e ultraleggeri bastoncini.

Nel 1800 invece, il modo prediletto per discendere le montagne era a tacco libero. E qui ci riferiamo proprio al telemark, praticato anche ai giorni nostri, che consentiva (e lo consente anche oggi) di essere molto più libero nei movimenti e agevolato anche in pianura ed in salita.

I primi anni del 1900 sono stati rivoluzionari: negli anni ’20 gli attacchi bloccano il tallone agli sci e nasce lo stile di discesa a sci paralleli. Gli sci sono di legno ma vengono alleggeriti ed accorciati per consentire una discesa più agile.

Nel 1936 la disciplina entra a fare parte dei Giochi Olimpici Invernali di Garmisch-Partenkirchen, nel 1956 a Cortina ed è uno spettacolo.

Sci a bastoncini non sono gli unici ad essere cambiati: anche l’abbigliamento ha subito delle trasformazioni sostanziali che dipendevano anche dalla moda del momento. I nostri papà da piccoli andavano a fare le gare con maglioni di lana e pantaloni da sci con le ginocchiere. Per non menzionare le mitiche tutine che hanno colorato gli anni ’80.

Insomma, l’evoluzione c’è stata in tutti gli aspetti della disciplina e tutto ciò ci fa sentire nostalgici.

Non vi diremo altro e non vediamo l’ora di accomodarci davanti alla tv e fare il tifo a tutte le atlete e, perché no, godere della meravigliosa vista del Col Margherita.

Voi siete pronti?

Le gare si terranno dal 26 al 28 febbraio.

ARTISTA FASSANO STEFANO MERIGHI

Stefano Merighi

È USCITO OGGI, 19 FEBBRAIO, L’ALBUM DI DEBUTTO DELL’ARTISTA FASSANO STEFANO MERIGHI

Se avete già provato l’ebrezza di una passeggiata serale estiva per il centro della nostra Moena, la Fata delle Dolomiti, non potete non aver già assaporato la vocalità sensibile ed esplosiva di Stefano Merighi. Ed è proprio oggi, 19 febbraio 2021, che esce il suo album di debutto “Stefano Merighi Pt.1”, in cui vengono raccolti e raccontati dieci anni di vita dell’autore attraverso la musica.

Stefano Merighi è un cantante e musicista della Val di Fassa, noto agli assidui frequentatori della Valle per i suoi numerosi live nelle piazze dei vari paesi, tra cui Moena. Fin dalla sua infanzia cresce con una grande passione ed un elevato entusiasmo per la musica e tutto ciò che è il mondo che ne deriva e la circonda. Il suo viaggio in questa dimensione comincia partendo dal punk, ma è in età più matura che scopre l’energia trasmessa dal reggae e, con tanta voglia di trovare la propria strada, si cimenta anche nella sperimentazione di generi musicali come il blues, che lo porterà poi a scrivere il suo primo pezzo in lingua ladina: “Fech te mi eies”.

“Ho deciso di dedicare parte del disco al suono dolce e curioso di questa lingua minoritaria parlata tutt’oggi nelle vallate ladine da cui provengo. Proprio in uno di questi brani ho sentito la necessità di portare avanti le radici della mia storia componendo ed arrangiando una poesia di Padre Frumenzio Ghetta, grande storico e portavoce della cultura ladina” ha affermato Stefano stesso.

L’album è composto da sette tracce in lingua italiana, inglese e ladina: “Lum che cresc” e “Le man de mia mare” sono i titoli dei brani che racchiudono la sua voglia di esprimersi attraverso la musica omaggiando la nostra cultura linguistica minoritaria.

 

“Stefano Merighi Pt.1” è ora disponibile su tutte le piattaforme digitali e comprende anche “Sweet Gyal”, il primo singolo estratto dal disco. È possibile richiedere anche una copia fisica dell’album contattando direttamente l’artista sui suoi canali social Facebook e Instagram.

Nell’attesa di una stagione estiva carica e piena di energia, Stefano Merighi vi aspetterà sicuramente in qualche angolo di Moena, pronto a raccontarvi la sua storia tramite le sue parole e la forza della sua musica.

IL CARNEVALE A MOENA

Carri, musica, maschere, sfilata, balli e tanta allegria sono tutti gli ingredienti che rendono il carnevale di Moena una festa tra le più partecipate del paese.

I festeggiamenti del Martedì Grasso iniziano alle 14:30 con il ritrovo dei partecipanti sul sagrato della chiesa per la disposizione della sfilata. In prima fila ci sono i bambini dell’asilo con i loro costumi multicolore preparati da loro con l’aiuto delle maestre e dei genitori. Ho un bel ricordo di un anno quando tutti i bimbi della “scolina” (asilo) indossavano un “guant brun e bianch” (vestito blu e bianco): erano proprio belli i nostri “Puffi”.

Seguono i carri allegorici inframezzati dai “Bufon, Laché e Marascons” tipiche maschere ladine, che animano la sfilata con dispetti e lancio di coriandoli. Non manca mai il carro della banda che porta allegria e voglia di ballare.

E… “dulcis in fundo” c’è anche il carro dei coscric (ragazzi che compiono 18’anni nell’anno corrente) con i loro bei cappelli carichi di fiori e nastri colorati, tutti allegri e sorridenti e magari “ence mìngol torogn” (anche un po’ allegri).

La parata si conclude nella piazza di Sotegrava dove il DJ prende il sopravvento.

I ragazzi e le ragazze iniziano a ballare con entusiasmo ed energia senza fermarsi mentre i più piccoli, immedesimandosi nei loro costumi, giocano e scherzano lanciando coriandoli. I genitori li sorvegliano degustando le buone “fortaie” (dolci fritti che possono essere serviti con la marmellata o la nutella) preparate dai volontari del gruppo di Ciajeole, mentre il gruppo dei volontari degli “Alpini” prepara the caldo ed un delizioso e profumato vin brulè.

All’imbrunire la gente si sposta sulle sponde dell’Avisio dove è posto il “carnascial” che verrà bruciato. Il “carnascial” è simbolo dell’inverno che lentamente si allontana lasciando spazio alla primavera.

Purtroppo quest’anno non sarà così, ma noi non ci lasciamo abbattere e tutti questi bei ricordi ci fanno sorridere. Vogliamo continuare a lottare per tornare a ballare, e festeggiare con tutti i nostri compaesani.

 

Rosso di sera, bel tempo si spera

Non so se anche voi lo avete notato, ma gli ultimi mesi di dicembre e gennaio ci hanno regalato dei tramonti favolosi.

Ormai da un anno viviamo un periodo monotono ma pieno di sfide, stress e preoccupazioni, e sicuramente l’arrivo dell’inverno non ha aiutato la situazione: il freddo, la tantissima neve che ha imbiancato la Val di Fassa e infine ci si mette anche il sole, che nel pieno dell’inverno, ci saluta nel primo pomeriggio. Noi moenesi poi ce ne accorgiamo subito essendo la nostra adorata Fata delle Dolomiti in una conca, soprattutto noi che viviamo sulla sponda ovest del fiume Avisio e tanto invidiamo i concittadini che abitano nella graziosa frazione di Someda, dove il sole può essere goduto un po’ più a lungo.

Ma sto divagando.

Gli impegni e il lavoro ci costringono a stare concentrati e con gli occhi puntati verso gli schermi dei nostri computer, ma basta alzare un attimo lo sguardo non appena cala il sole, per godere di uno spettacolo mozzafiato.  A volte il cielo si tinge di colori pastello, mentre altre volte è caratterizzato da colori vivaci. Ogni giorno è una sempre una sorpresa, ma sempre bellissimo.

Ma non è solo il cielo ad assumere colori spettacolari, e i nostri seguaci più arditi probabilmente lo sapranno, anche le montagne giocano la loro parte riflettendo questi colori e dando vita al fenomeno dell’Enrosadira.

Spesso, per liberare la mente dai pensieri, faccio una passeggiata lungo il la stradina che attraversa il prato di Sorte, ottima per avere una visuale a 360 gradi su Moena e dintorni. Non scelgo però un momento a caso: cerco di andarci sempre quando il sole tocca la collina su cui si trova la piccolissima frazione di Penia e dove, ahimè, si vedono ancora le ferite causate dalla tempesta Vaia. Questo perché, una volta imboccata la strada per il ritorno e concludere il giro ad anello, mi ritrovo davanti ad un quadro.

Il paesino di Moena, animata dalle prime luci serali, e sullo sfondo la Roda de Vael, parte del Gruppo del Catinaccio e regno di Re Laurino, il Sassolungo e il gruppo dei Monzoni. Tutte queste meravigliose montagne sono lì stoiche e pian piano si tingono di un rosa acceso.

Tutta l’atmosfera ha un nonsoché di nostalgico ma che allo stesso tempo da un senso di pace e tranquillità… insomma, vedere per credere.

Attorno a Moena ci sono una miriade di posti da cui ammirare questi meravigliosi tramonti, io spesso mi limito a guardarli dalla finestra, e nonostante questo mi ritengo davvero fortunata a vivere in un posto così.

Possiamo vedere il tramonto anche in senso metaforico: l’arrivo del buio che lascerà poi spazio alla luce, un simbolo di buon auspicio per quanto riguarda questo futuro incerto segnato dalla pandemia.

La perfetta applicazione del proverbio “rosso di sera, bel tempo si spera”.

Marcialonga di Fassa e Fiemme

Sci di Fondo

Si parte per la 48ª edizione della granfondo

L’ultima domenica di gennaio le valli di Fassa e Fiemme divengono teatro della Marcialonga, la gara di Granfondo italiana più rinomata a livello internazionale.

La Marcialonga però non è solamente una gara, è un giorno diverso dagli altri per gli abitanti di Moena.

La mattina ci si sveglia presto per uscire di casa e dirigersi verso la zona sud ovest del paese dove, di lì a poco, più di 7000 partecipanti inizieranno la loro avventura di 70 km fatta di fatica, divertimento ed entusiasmo.

I partecipanti passano per due volte a Moena, la prima volta nella parte alta del paese attraversando prato di Sorte per raggiungere Canazei e la seconda volta nel centro del paese in piazza Ramon in direzione Cavalese.

Lungo tutto il percorso tantissime persone si radunano per incitare i concorrenti ed aiutarli a trovare la forza e la carica giusta per proseguire la loro avventura, che difficilmente dimenticheranno.

Si organizzano stand con te caldo, acqua, biscotti e tutto quello che le associazioni hanno preparato per rifocillare i partecipanti e gli spettatori.

È una giornata entusiasmante che coinvolge tutta la comunità e nella quale le due valli vicine si uniscono per creare un grande evento.

Quest’anno il clima sarà decisamente diverso, non ci saranno spettatori e i partecipanti saranno decisamente meno, ma questo non toglierà l’atmosfera che si respirerà in quel giorno.

Vedremo l’evento alla tv o dalle nostre finestre che affacciano sulla pista e faremo il tifo per i concorrenti ancora più forte per farglielo sentire anche a distanza.

Sarà l’ennesima prova del fatto che la nostra comunità di Moena seppur distante fisicamente è sempre unita nelle tradizioni e nella voglia di guardare al futuro e immaginare il prossimo anno una Marcialonga dove ritrovarci tutti in piazza a festeggiare.

VIVERE LA MONTAGNA IN TUTTE LE SUE POSSIBILITA’

15 gennaio 2021: dopo quasi un anno dall’inizio della pandemia Moena e non solo Moena, si trova a dover convivere con il Corona Virus. Le incertezze, i dubbi e le paure incombono ormai su tutti i settori lavorativi e su di noi. “Quando finirà questa pandemia? Quando torneremo alla normalità? Sapete se in paese ci sono nuovi contagi? Quando apriranno gli impianti?” queste sono, ormai, le frasi che caratterizzano le nostre giornate.

Nell’attesa che venga decisa una data per l’apertura degli impianti sciistici io e come tanti altri abbiamo trovato delle attività alternative per trascorrere le belle giornate invernali:  lo sci da fondo, le ciaspole, lo sci con le pelli o anche solo camminare.

Viste le abbondanti nevicate che hanno ricoperto la “Fata delle Dolomiti” ho pensato anch’io di trascorrere una giornata diversa andando con le CIASPOLE.

Per chi di voi non le conosca non sono altro che una sorta di racchettoni che, attaccati sotto gli scarponi da montagna, permettono di fluttuare sulla neve fresca così da evitare di sprofondare.

Ho proposto subito la mia idea ad un paio di amici i quali hanno subito accettato con entusiasmo.

16 gennaio 2021: la giornata si presenta fredda (-10°) e anche un pochino nuvolosa, ma i miei amici ed io non ci scoraggiamo e alle 9 in punto partiamo per questa nuova “AVVENTURA”. Ci dirigiamo verso Roncac per poi prendere una stradina e ci portiamo verso Palua. La neve è semplicemente stupenda e la sensazione di fluttuare sopra questo morbido manto è unica e indescrivibile.

Dopo poco meno di 2 chilometri vediamo in lontananza una persona vicino ad una baita. Una volta arrivati lì lo riconosciamo così ci fermiamo a parlare godendoci il sole, che nel frattempo, era comparso da dietro le nuvole. Dopo qualche chiacchiera e bevuto la “sua grappa”, che noi abbiamo molto apprezzato, ci siamo salutati ed abbiamo ripreso la nostra camminata.

LA GIORNATA ALTERNATIVA ERA INIZIATA ALLA GRANDE!

Dopo tanta fatica ma con soddisfazione abbiamo raggiunto la nostra meta ed abbiamo potuto così vedere Moena dall’alto.  E’ sempre bellissimo ammirare la nostra Fata, ma vederla vestire elegantemente questo magico abito bianco, ci lascia senza parole!

Entriamo nel “bait” del comune, facciamo “prozait: pan, formai e luganega” e beviamo caffè e the caldo, che ci siamo portati da casa. L’atmosfera del bait  rende tutto molto familiare ed è particolarmente piacevole conversare sorseggiando una buona e dissetante bevanda.

Una giornata da ricordare!

 Quello che vi ho raccontato oggi è solo una delle molteplici attività che si possono fare e provare. Quest’anno, in particolar modo, non potendo lavorare, molti di noi stanno sfruttando il tempo libero per conoscere e apprezzare la montagna nella sua veste più semplice e tranquilla

Il comune di Moena, per esempio, ha fatto battere alcune strade forestali rendendole agibili anche solo con dei semplici scarponcini da montagna e… poi ci sono molte altre attività come il fondo, le pelli di foca …

Facci sapere anche tu come stai trascorrendo queste giornate!