Francesco e la sua Creazione

Francesco Chiocchetti “Pelin” è classe 72 e vive a Moena, o meglio – e ci tiene molto a dirlo – vive a Someda, una delle frazioni di Moena posizionata ai piedi del monte Piz Meda. E’ un falegname molto particolare, perché prima di esserlo ha saputo esprimersi benissimo anche in cucina in hotel ed in pasticceria. Infatti con regolarità organizza a casa sua, per gli amici, golose cene cucinate completamente da lui. E’ sportivo e non trascura la forma fisica, dedicando alle escursioni, alla corsa e allo sci alpinismo gran parte del suo (poco) tempo libero. Da una decina di anni ha la sua falegnameria, quindi, oltre ad essere artigiano, ha saputo sfidare anche la complessa vita da imprenditore. La tenacia, la curiosità, la manualità e il senso pratico lo hanno portato anche a portare a compimento realizzazioni particolari. Ad esempio, pur poco portato alla tecnologia e all’informatica, ha pensato di costruirsi da solo un “CNC”, una macchina a controllo numerico, cioè un dispositivo di ferro, meccanica ed elettronica che, comandato da un computer, ritaglia, modella e incide il legno.

Con il CNC ora produce in serie elementi di balconi, serramenti, componenti di mobili di arredamento, oggetti di arredo anche complessi come ad esempio un bellissimo orologio gigante da parete con cinturino alto quasi un metro. Siccome la banalità gli va stretta, dopo aver scoperto le caratteristiche della fibra di carbonio, resistendo a numerosi tentativi e fallimenti, già da qualche anno realizza con successo sci da alpinismo leggerissimi in legno e carbonio, che distribuisce semplicemente agli amici. Raggiunta una buona competenza nella lavorazione del carbonio ha fatto un altro passo avanti, impiegando qualche anno in studi, progetti e tentativi: ha realizzato il primo prototipo di telaio di mountain bike assemblandoci poi una vera mountain bike.

Francesco non è un animale da palcoscenico, le sue avventure le condivide con gli amici più stretti, ed essendo una persona molto generosa, trova sempre qualcuno disposto a dargli una mano. La notizia della costruzione di questo telaio in legno e carbonio ha fatto velocemente il giro dei social, ed è stata raccolta da un ottimo costruttore di biciclette che ha condiviso la notizia sulla propria pagina Facebook. La notizia l’abbiamo raccolta anche noi di moena.it perché pensiamo che ne vada dato il giusto merito e risalto, con la speranza di poter contribuire al suo sogno di poter trasformare questo mix di passioni in una nuova professione.

Conosci Francesco in questa breve video intervista! Se sei interessato a questa sua avventura contattalo!

+39 339 465 5948
info@falegnameriapelin.it
www.falegnameriapelin.it

La sorgente misteriosa 3 parte

Salvan

3ª PARTE

In verità il salvan non era arrabbiato. Era divertito e se la rideva sotto i baffi, ma mantenne un’espressione seria così da continuare il suo scherzo e disse:

«Donca picoi fornac
ve l’aede cavada
e ajache no l’aede falada,
ve lasceré en don tant l bol che l’èga
se saede co far a lasciar chesta valada».

«Dunque piccoli abitanti di Forno,
ce l’avete fatta
e visto che non l’avete mancata,
vi lascerò in dono sia l’ematite che l’acqua
se riuscirete a lasciare questa vallata».

Figuratevi lo stupore dei due fratelli. 

Invece il salvan fu di parola e donò loro due coppette in legno. In una vi era l’ematite e nell’altra l’acqua. Giacomo e Filippo non riuscivano a credere a quanto stava succedendo, sembrava tutto un sogno: non proferirono più alcuna parola e, chinato il capo in segno di riconoscenza, ripresero il sentiero che portava a casa.
Non fu facile scendere senza rovesciare nulla e, quando finalmente spuntarono dal limitare del bosco, il sole stava per tramontare e gli animali erano ancora nello stesso prato dove li avevano lasciati. «Meno male», disse Giacomo, tirando un sospiro di sollievo. «Che fortuna che abbiamo avuto», aggiunse Filippo. E Giacomo ancora: «Che paura però. Adesso portiamo tutto a casa e tu non farti mai più venire in mente certe cose!». «Hai ragione», rispose il fratello, «però prima di mostrare al papà e alla mamma cosa abbiamo portato, raccontiamo loro la nostra avventura. Nel frattempo queste due ciotole le nascondo nella stalla».
Così durante la cena i due raccontarono per filo e per segno cosa era successo, e quando venne il momento di mostrare i doni del salvan, si recarono nella stalla. Aprirono il grande portone e… cosa videro? L’asino si era bevuto tutta l’acqua e con il muso ancora arrossato dall’ematite aveva abbellito i muri di un bel colore rosso naturale. Giacomo e Filippo si guardarono: “Era di nuovo uno scherzo di quel… coso? Quell’uomo selvatico?”.
Il padre osservò la scena e, con un’espressione che ricordava quella del salvan quando li aveva beccati in flagrante, rivolto ai figli disse:

«No le aede mia dute a cuert:
siede valenc, ma ence bogn zucogn,
siede desche chel,
doi asegn e mutogn!».

«Siete un po’ bislacchi:
siete buoni, ma anche dei gran zucconi,
siete come quello,
due asini e tontoloni!».

Da allora gli abitanti di Forno sono chiamati musciac, ovvero asini, come si dice in ladino fassano o anche musciati, come li chiamò dal quel giorno la loro madre.

FINE

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“No ve desmention. Richard Löwy e i «giusti» della Val di Fassa”

“No ve desmention. Richard Löwy e i «giusti» della Val di Fassa”

Oggi vi presentiamo Chiara Iotti un’insegnante di Busto Arsizio con la passione della scrittura e della storia, ma soprattutto una grande appassionata della Val di Fassa e della nostra amata Fata delle Dolomiti

Chiara ci parlerà del suo romanzo “No ve desmention. Richard Löwy e i «giusti» della Val di Fassa”. Vediamo come due linee temporali si possono intrecciare per regalarci emozioni forti ed uniche mentre scopriamo un periodo difficile e duro per Moena.    

Vuoi sapere di più della storia di Richard Löwy e di Moena? Clicca qui e acquista il libro di Chiara Iotti.

La sorgente misteriosa 2 parte

La sorgente misteriosa

2ª PARTE

Camminarono a lungo finché, a un certo punto, si accorsero di non riuscire bene a comprendere quanto tempo fosse trascorso dalla loro partenza. Era una sensazione strana, il tempo sembrava come sospeso.
Mai avrebbero potuto immaginare cosa stava accadendo. Il salvan li aveva visti arrivare e, uditi i loro discorsi, aveva deciso di divertirsi un pochino. Aveva così pronunciato un incantesimo secondo il quale chi giungeva nel bosco perdeva la concezione del tempo.
Nel mentre, poco distante dal sentiero, Filippo e Giacomo videro una sorgente d’acqua zampillante che veniva raccolta in alcuni tronchi scavati a mo’ di fontana. Subito pensarono che si trattasse di una sorta di contenitori d’acqua per gli animali del bosco ma in seguito sorse loro un dubbio. E se fosse stata quella l’acqua benedetta? Come fare però per saperlo?! E anche se si fosse trattato dell’acqua che cercavano… come avrebbero fatto a portarla a casa? Non avevano portato nulla con sé e… toh, chi si vede! I due fratelli erano rimasti impietriti: il salvan era davanti ai loro occhi in carne, ossa e pelo, molto pelo coperto in parte da corteccia di albero e da pigne. Mamma mia quanto era brutto!
Il salvan si avvicinò e li osservò a lungo, in silenzio; girò loro attorno e, infine, disse alcune parole. La sua lingua sembrava quasi ladino, ma era diversa, forse un ladino arcaico. In verità non si capiva bene cosa dicesse. Di certo è, che di quella parlata triviale, i due fratelli riuscirono a intendere solo che quell’acqua era per gli animali del bosco e che la sorgente si chiamava Brenc. Quella che cercavano loro invece si trovava più avanti e in un luogo molto difficile da raggiungere. Egli avrebbe potuto aiutarli, ma a una condizione: prima avrebbero dovuto conquistare la cima della Valsorda, trovare la cava del bol ‒ ossia le miniere di ematite ocra rossa ‒ e prenderne un po’ per lui, dopodiché li avrebbe aiutati.
Un tempo, con questa pietra rossa e friabile, i pastori e i cacciatori tracciavano sulle rocce delle montagne scene di vita pastorale, di caccia e frasi che volevano lasciare come segno del loro passaggio. Il salvan ne voleva un po’ per sé per decorare la sua grotta.
Non ci voleva anche questa! Fortunatamente ai due ragazzi sovvennero le parole del padre e così acconsentirono alla richiesta del salvan e, seppur controvoglia, salirono verso la cava. Ci volle un bel po’ prima che raggiungessero la meta e, una volta arrivati, non riuscirono a trovare nulla. Lassù c’era ancora un bel po’ di neve che ricopriva ogni cosa con la sua coltre bianca. Fu allora che si resero conto che, sebbene avessero attraversato il bosco bagnato e camminato in pozzanghere, macchie di neve e d’essersi immersi fino al ginocchio, erano ancora perfettamente asciutti e puliti.
«Che magia è mai questa?» disse Filippo ad alta voce rivolgendosi a Giacomo. «Dovremmo essere bagnati e sporchi. Qui c’è qualcosa di misterioso, fidati». «Beh, di che ti lamenti?» rispose il fratello. «Almeno nostra madre non si arrabbia. Se qui c’è da preoccuparsi è per qualcos’altro. Ormai siamo sicuramente via da un bel po’ di tempo, sono successe troppe cose… speriamo di tornare prima che faccia buio. Certo però che è strano… in verità qui tutto sembra strano e la cosa non mi piace per nulla».
Eh sì, non c’era tempo da perdere.
Finalmente più tardi arrivarono in cima, trovarono la cava e, grazie agli attrezzi consegnati loro dal salvan, riuscirono a raccogliere l’ematite. La riposero con cura in un sacchetto e cominciarono a scendere rapidamente. Mentre stavano scendendo, improvvisamente udirono un rumore forte, come il frastuono di un vigoroso corso d’acqua. Si fermarono e videro una bellissima cascata, poco dietro il colle dove si trovavano. Il sole penetrava attraverso i rami degli abeti ancora ricoperti di neve, illuminandola. «Che acqua! Sembra miracolosa!» disse Giacomo. «Vuoi vedere che è l’acqua che cercavamo?» rispose Filippo. «Pensa, non dovremo neppure tornare dal salvan. Se ci affrettiamo riusciremo a portare a papà l’acqua e l’ematite, così potrà tinteggiare tutta la casa e benedirla».
Il ragazzo aveva appena finito di proferire le ultime parole che, da dietro un sasso, vide spuntare la testa del salvan. I due fratelli impallidirono… avevano pensato di derubare il salvan della sua ematite, ma non avrebbero mai dovuto neppure prendere in considerazione un’idea del genere! Probabilmente sarebbero finiti in un pentolone e, poi, chissà.

LEGGI IL PROSSIMO POST PER SAPERE COME PROSEGUE LA NOSTRA STORIA

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La sorgente misteriosa 1 parte

La sorgente misteriosa

1ª PARTE

«Filippo, Giacomo, venite!».

Era un sabato pomeriggio di una primavera anticipata. Due fratelli dai capelli del colore del grano maturo stavano bighellonando con alcuni amici sotto casa. Abitavano con i genitori nella piccola frazione di Forno, non lontano da Moena. Erano gemelli e portavano lo stesso nome dei santi patroni del vicino paese di Predazzo, in val di Fiemme. La loro madre era originaria di lì e loro erano nati proprio il venticinque luglio, giorno della sagra del paese.

«Arriviamo». I due erano corsi subito dal padre che li attendeva davanti all’uscio della stalla. «Sentite ragazzi, oggi è una bellissima giornata. Ho visto che in alcune zone, qua vicino, si comincia già a vedere la prima erba nei prati. Potreste condurre le mucche e l’asino un po’ all’aperto. In quel prato sotto casa esposto al sole la neve si è già sciolta. Andateci, ma mi raccomando non andate oltre l’Arca. Che non vi venga in mente di allontanarvi. Non vorrei mai che incontraste il salvan o qualche bregostana».

I due si guardarono dubbiosi e Giacomo, il quale di solito era il più lento a capire le cose, disse a suo padre: «Arca? Io ho già sentito parlare di quella di Noè! Salvan? Bregostana? E chi sono costoro?». «Devo spiegarvi proprio tutto?» disse il padre alzando le braccia al cielo. «Non si può abitare in queste zone e non sapere certe cose! Possono rivelarsi d’importanza vitale, soprattutto quando si abita vicino al bosco. L’Arca non è altro che quel grande prato qui vicino. Si chiama così perché animali e persone possono starci al sicuro come sull’arca di Noè. In tempi remoti quella zona è stata benedetta con un’acqua speciale che ha la sorgente in Valsorda. È per questo motivo che lì non arrivano mai lupi malintenzionati, e nemmeno ladri, streghe o bregostane. Nessuno. Lì siete al sicuro».

«In Valsorda? Qui sopra casa papà?» lo interruppe Giacomo. «Sì, proprio qui vicino. Peccato che non si riesca più a trovare quella sorgente, altrimenti spargerei un po’ di quell’acqua anche attorno a casa e nel bosco. Comunque avete capito? Ah, a proposito del salvan: è un essere coperto di peli, corteccia di albero e pigne, e ha una barba molto lunga. Vive nelle caverne delle montagne e tutto sommato è buono. Ma guai a chi lo fa arrabbiare. È molto forte fisicamente ed è meglio tenerselo buono».

Poi, come immerso in una visione si interruppe e, poco dopo, riprese dicendo: «Un’ultima cosa, ragazzi: mio padre, quando ero giovane come voi, un giorno che eravamo al pascolo con le capre nella zona qui sopra casa e ancor più su, oltre le case di Medil, mi aveva mostrato una piccola caverna e mi aveva detto:

«Chel l’é l cógol del salvan.
Chel dì che tu l scontre
pol esser che tu aesse bon
o che tu aesse dan.
Varda che che tu dis
e che che tu fas,
a el no ge sćiampa
nince se tu möve l nas.
Ma se tu te mosceras valent,
calche secret l te conterà
e to vita mudar la poderà».

«Quella è la grotta del salvan.
Il giorno che lo incontri
può essere un giorno fortunato
o che tu sia scalognato.
Stai attento a quel che fai
e a ciò che dici,
a lui non sfugge
nemmeno se muovi le narici.
Ma se ti dimostrerai buono,
qualche segreto ti svelerà
e la tua vita mutare potrà».

Così mi aveva detto, ma in verità, io non ho mai incontrato il salvan. Comunque adesso che vi ho messi in guardia, andate e prestate attenzione! Ci vediamo all’ora di cena».

Che storie bizzarre! I due erano rimasti a bocca aperta. Giacomo era piuttosto impaurito e Filippo non smetteva di pensare alle parole del padre. Fecero uscire gli animali dalla stalla e si recarono verso il prato chiamato l’Arca.

Stare all’aria aperta in una giornata come quella, dopo il freddo del lungo inverno, era davvero piacevole e la mattinata passò velocemente. Durante il pomeriggio Filippo, il quale pensava sempre di saperne una più del diavolo, disse a suo fratello: «Senti Giacomo, io andrei a farmi un giretto nel bosco. Mi sono stufato di stare qua. Voglio provare a cercare quest’acqua benedetta. Pensa, se la troviamo possiamo far benedire tutta la casa… ma che dico, ci facciamo benedire anche noi, così non avremo mai più paura di nulla!» e scoppiò in una fragorosa risata. Giacomo gli rispose: «Non passa giorno che non pensi o combini qualcosa di strano. Comunque da solo non vai da nessuna parte, vengo anch’io con te. Per un po’ lasceremo qui gli animali da soli. Cerchiamo però di fare in fretta».

E così, in un batter d’occhio, scomparvero dal prato, per riapparire sul sentiero che percorre la Valsorda, una valle stretta e ripida che segue il corso di un torrente. Il bosco era fittissimo con una vegetazione molto ricca. L’ambiente era così umido che pareva di essere in una foresta tropicale, anziché in un bosco vicino a casa….

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Scopri chi è Matteo Donei

Questa settimana abbiamo avuto il piacere di conoscere meglio Matteo Donei. Originario di Moena, Matteo è da 25 anni maestro di sci e da 10 accompagnatore di media montagna. 

Con clienti provenienti da tutto il mondo che tornano qui per trascorrere giornate sui sentieri delle Dolomiti, Matteo è da sempre un amante della montagna e ha trasformato questa sua passione in una professione, che gli permette di essere a contatto ogni giorno con la natura e le sue amate cime, oltre che con i suoi adorati clienti e il suo fedele amico a quattro zampe!

In questa interessante intervista, Matteo ci spiegherà cosa significa essere accompagnatore di media montagna. Ci darà inoltre importanti suggerimenti su come affrontare le passeggiate in montagna, dai principianti ai più esperti. Ci darà importanti indicazioni sull’attrezzatura che non può mai mancare nel nostro zaino e come ci si veste per affrontare un’escursione in montagna. Infine ci spiegherà anche i diversi pacchetti che ha ideato per il suo progetto Moena Alps. 

Se questa intervista ti ha incuriosito, se anche tu ti stai approcciando per la prima volta al mondo delle escursioni e vorresti maggiori suggerimenti, lascia un commento e Matteo sarà felice di rispondere alle tue domande. 

Una passeggiata nel bosco

Avevo quasi dimenticato il potere di una passeggiata in montagna. Per mesi ho osservato il sentiero, con il sole tra le fronde mosse dal vento.

E finalmente eccomi qui, un passo dopo l’altro e questa sensazione impagabile di libertà.

Non c’è fretta, non devo arrivare prima, o per prima. Dimentico che cosa sia il caos, il traffico, lo smartphone o il pc.

È un tempo che trascorre naturalmente, tra il rumore dell’acqua e i colori dei fiori di campo.

È un “immersione nel bosco”, una camminata nella natura più pura, lontana da ogni distrazione.

In Giappone la chiamano “shinrin-yoku” ed è considerata una terapia: questa scienza sostiene che trascorrere più tempo a contatto con la natura, in particolare nel bosco, fornisce all’individuo un aumento delle funzioni immunitarie. Respirare in un bosco a pieni polmoni rallenta la frequenza cardiaca, diminuisce la pressione sanguigna e allontana lo stress.

Camminare nel bosco è un antidepressivo naturale, in grado di ‘curare’ la stanchezza e la tristezza, capace di far rifiorire le energie e ricaricarle al massimo.

Moena è abbracciata dal bosco, di abeti e pini principalmente. L’abete è considerato proprio il simbolo dell’unione tra uomini e piante: alla frenesia del mondo moderno contrappone antica saggezza, serena e sicura forza, calma e grande generosità. In estate ci offre l’ombra e la frescura dei suoi rami, ma soprattutto non dimentichiamo che ci guarisce: la resina, le gemme, il catrame vegetale, l’essenza ricavata dall’abete hanno innumerevoli virtù curative.

Penserai che io stia esagerando, ma dovresti provarla anche tu: l’immersione nel bosco ha davvero un potere terapeutico! Ti riporta in armonia con te stesso e con il ritmo naturale dello scorrere del tempo.

A patto che tu sia disposto ad accettare una semplice regola: niente cellulare, ne qualche altro marchingegno tecnologico. Solo tu, tutt’uno con la natura, dalla quale rispettosamente attingi e respiri.

Sentirai svanire la rabbia, l’ansia, quella spinta  che porta tutti noi a correre; svanisce lentamente nel bosco, fino a scomparire, lasciandoti quella sensazione di tranquillità, serenità e benessere, che non vorrai più abbandonare.

Auguro anche a te una buona passeggiata, tra i boschi di Moena!

Rosy e la sua malga da fiaba

Sono le sei del mattino, quattro caprioli si muovono lenti e delicati sul prato di fronte a Malga Roncac. Sanno che Rosy sta per arrivare, con la loro colazione. Da dicembre a fine aprile, sono proprio loro i primi clienti di questa incantevole malga, vicinissima al centro del paese ma magicamente solitaria. La proprietaria, Rosy appunto il suo nome, acquista appositamente per loro uno speciale mangime che fa arrivare dall’Austria: non avrebbe creato Malga Roncac, se non amasse così profondamente la natura e soprattutto gli animali.

La incontro qualche pomeriggio fa, mi accoglie con il suo solito sorriso allegro e la sua voce passionale. Sta riorganizzando la disposizione dei tavoli all’interno della piccola ed accogliente sala in legno, in vista della prossima riapertura, prevista per il 6 giugno.

Come sarà il primo giorno di lavoro, dopo questa lunga pausa? – le chiedo.

Ci riflette su, mentre mi prepara il caffè e me lo serve con un goccino di latte freddo a parte, proprio come piace a me. Lei è fatta così, locandiera attenta che non manca mai una coccola ai propri ospiti. E mentre penso si sia dimenticata della mia domanda, esclama tutto d’un fiato:

Non vedo l’ora! Sono così felice di ritrovare i miei clienti! Penso sarò anche un po’ in tensione, com’è giusto e normale che sia per chi tiene tanto al proprio lavoro.

Eh già, perché Rosy ci tiene davvero tanto alla sua cara Malga Roncac e ai suoi frequentatori, nuove conoscenze o amici di lunga data. Proprio il 10 luglio prossimo Malga Roncac festeggerà i suoi primi 10 anni, che per Rosy sono dieci anni di impegno, passione, fatica ma anche di tante soddisfazioni e dimostrazioni di affetto, come testimoniano le innumerevoli telefonate che ha ricevuto negli ultimi mesi da tutte le persone che volevano sincerarsi di poter gustare di nuovo una cena qui, durante l’estate ormai alle porte.

Cosa ti è mancato di più in questo periodo?

La cosa che mi è dispiaciuta di più è che non ho potuto organizzare la mia solita cena per i cani, quella che proponiamo sempre verso la fine di marzo. E’ un appuntamento particolare, una serata dedicata tutta ai nostri amici a quattro zampe, i protagonisti sono loro! Il menù è tutto per loro, con pietanze a base di carne bianca al vapore, verdure e scaglie di Trentingrana, che a loro piace tanto!

Per i proprietari scelgo io, comunque qualcosa di semplice, come uno spaghetto o una zuppa. Si devono accontentare, non sono loro gli ospiti più importanti per una volta! –

Non ricordo se vi avevo già scritto che Rosy ama gli animali… 😄

Rosy, toglimi una curiosità. Qual è il tuo piatto preferito, tra quelli del tuo menù?

Questa volta la risposta arriva veloce come la corsa di una lepre che abita in questi luoghi.

Sicuramente i “Tagliolini con Porcini e Ricotta Affumicata”. Perché sono la sintesi perfetta della nostra filosofia di cucina: la pasta, fatta rigorosamente da noi, con tantissimi rossi d’uovo, più di tre ore di lento riposo. I porcini, con il loro profumo di bosco così schietto e sincero. E la ricotta affumicata, che con i suoi aromi riporta alla storia antica della lavorazione del formaggio, quando veniva posizionata sopra graticci metallici, nei pressi del focolare, dove il fumo della legna che bruciava per riscaldare l’ambiente essiccava lentamente questo eccellente latticino.

Dunque una cucina tipica, preparata con amore, valorizzando prodotti locali che raccontano la storia e le tradizioni di questo paese di montagna. Il tutto in una location unica nel suo genere, pochi tavoli, candele e profumo di legno che si mescola con quello del pane appena sfornato.

Rosy, a proposito di storia, se potessi invitare un personaggio del passato, chi inviteresti e che cosa gli prepareresti?

Bella domanda, così su due piedi eh! Infatti Rosy mi guarda con stupore, si sistema gli occhiali e osserva le montagne che abbiamo di fronte. Siamo sedute sul balcone panoramico, direi il luogo perfetto per chi è in cerca di ispirazione.

Inviterei la Principessa Sissi. E le preparerei una merenda con i kaiserschmarren!

Posso salutarti con un consiglio? Quando arriverai a Moena, non perderti l’esperienza di una visita a Malga Roncac. E non chiedere nemmeno se gli animali sono i benvenuti, altrimenti Rosy si offende!

Pian Pian Bel Bel

Pian Pian Bel Bel

Se durante un soleggiato giovedì dovessi incontrare un gruppo di sorridenti signori e signore che camminano allegramente in compagnia, lungo il sentiero, potresti aver incrociato il gruppo PIAN PIAN BEL BEL.

Nata nel 1998 a Moena, Pian Pian Bel Bel è un’associazione culturale-ricreativa che negli anni è cresciuta e maturata, diventando un punto di riferimento importante nel panorama associazionistico della borgata.

Sulla pagina web del comune si legge:

“Chest grop l’é nasciù del 1998 aldò de la pascion palesèda da dotrei jent che vel valorisèr e sostegnir la cognoscenza del patrimonie storich, artistich e populèr te Fascia e Fiem.”

ovvero

“Il Circolo è nato nel 1998 per passione di un gruppo di persone con lo scopo di valorizzare e promuovere la conoscenza del patrimonio storico, artistico popolare nelle valli di Fassa e Fiemme.”

Le attività dell’associazione sono riservate ai soci; non ci sono vincoli di età, benchè il gruppo sia per la maggioranza composto da persone che abbiano maggiore disponibilità di tempo, anche durante la settimana.

Il giovedì, appunto, è la giornata dedicata alla gita (tutti i giovedi, per tutto l’anno!): passeggiate ed escursioni alla portata di tutti, per scoprire le bellezze delle Dolomiti. Bellezze che seppur a portata di mano da una vita intera, si scoprono e riscoprono con sorpresa, con divertimento e spensieratezza.

Non solo divertimento, ma anche impegno e volontariato per questo affiatato gruppo. In occasione della festa del Rione Turchia, il profumo della classica zuppa d’orzo proviene proprio dal pentolone di questa associazione, che con passione e impegno contribuisce a rendere così caratteristica questa ormai famosa manifestazione, appuntamento fisso per residenti e giornata tanto attesa dagli ospiti.

Durante il mese di febbraio scorso, si sono svolti i Mondiali Junior di Sci Alpino. Per dieci giorni i soci di Pian Pian Bel Bel hanno collaborato con la squadra organizzativa del campionato, occupandosi di servire le pietanze all’interno del punto ristoro e di supportare i cronometristi per la rilevazione dei tempi di discesa degli atleti.

Insostituibile il loro supporto durante le numerose gare che si svolgono nei dintorni di Moena, come per esempio la Val di Fassa Running e la Val di Fassa Marathon.

Tornando in paese, troviamo il Pian Pian Bel Bel anche nella giornata di Festa di Sen Vile (San Vigilio, patrono di Moena). C’è poi l’appuntamento estivo di “Moena in Cucina”: ogni due martedì, nella Piazza Ramon, si svolge uno shoow cooking durante il quale si assiste in diretta alla realizzazione di alcuni piatti tipici ladini. Le associate prestano le loro abili doti culinarie per aiutare lo Chef durante lo svolgimento di questa dimostrazione.

Anche in occasione della Festa del Puzzone di Moena, Pian Pian Bel Bel è sempre presente e disponibile: proprio grazie a questo spirito collaborativo, questi appuntamenti sono sempre un grande successo!

Continua a seguirci leggendo gli articoli di questo blog, ti racconteremo la storia di tante altre associazioni moenesi, che contribuiscono a rendere così speciale questo paesino dolomitico.

E ovviamente, grazie. Grazie a te, caro lettore.

E grazie a te, Pian Pian Bel Bel!

Sabato pomeriggio vien voglia di ballare

Erano circa le 15.30 e con passo lento uscivo dal vialetto per raggiungere l’isoletta ecologica a pochi metri da casa. Davanti a quella che ormai molti anni fa era la stazione dei carabinieri di Moena, c’è una panchina. Ho sempre pensato che fosse lì per dare ristoro ai fiatoni della salita, che poi tanto salita non è. In realtà capita spesso che ci si fermi lì per un saluto, quattro chiacchiere veloci, per osservare un po’ chi viene e chi va. In questo periodo questa panchetta dev’essersi sentita un po’ sola.

Torniamo alle 15.30 di sabato pomeriggio. Mi accorgo che c’è qualcuno lì seduto!

– Ciao Annalisa! Come stai?! Cosa ci fai quì? –

In realtà Annalisa vive due case più in là, e così mi rendo conto di quanto siano cambiati i confini nelle nostre menti.

– Ciao! Tutto bene, grazie! Sono quì perché tra poco inizia la musica, mi fa compagnia! –

Rifletto qualche istante, il tempo di ricordare che è sabato, sono le 15.30, Annalisa parla di musica… ma certo! Come ho fatto a non capire subito?!

C’è una casa dietro la piazzetta, con un colore acceso e vivace. All’ultimo piano, una terrazza dal gusto un po’ liberty: solo se lo sai, vedi che c’è una cassa e la figura di un omone che si muove a ritmo. Si chiama Dario, dj Poldo il nome d’arte: canta per passione, e da quando è iniziato questo nuovo modo di vivere, ogni sabato alle ore 16 inizia il suo concerto.

Un momento atteso.

Niente di organizzato, nessuna pubblicità. Eppure al secondo appuntamento già pensavamo che

– oggi è sabato, pomeriggio si balla! –

e quando si sentivano le prime note non serviva guardare l’orologio per sapere che ora fosse. Forse ce lo aspettavamo, forse ne avevamo bisogno. Perché quelle due ore di intrattenimento ci fanno sentire più vicini, ci rendono allegri, ci mettono di buon umore!

Chi dal balcone, chi in giardino, chi sulla panchina in cima alla salita.

La natura trasporta le note.

Quello stesso pomeriggio mi chiama la signora Claudia. Abita in un altro rione di Moena, quello di Ciajeole. Lo conosci? Un giorno ti racconteremo la storia dei rioni della Fata delle Dolomiti. Comunque Ciajeole è il nucleo più antico della borgata, con fienili, case e cortili da cartolina. Un saluto veloce e poi mi chiede:

– La senti anche tu questa musica? –

Sarà il silenzio delle strade, sarà il nostro ascoltare più attento, la voce di Dario vola trasportata dal vento e raggiunge case lontane.

Decido di chiamarlo, lui racconta così questa esperienza:

Ho iniziato a cantare dalla terrazza perché ne sentivo il bisogno. Mi mancava passeggiare liberamente, mi mancava incontrare gli amici, ma soprattutto mi mancava usare la mia voce per dare sfogo ai miei pensieri. Ho iniziato da subito a ricevere messaggi di persone che mi chiedevano di eseguire delle dediche, o la loro canzone preferita: sia chi nel vicinato mi sentiva dal vivo, sia i conoscenti che avevano saputo di queste mie particolari esibizioni. In quel momento ho capito quanto avessimo tutti bisogno di sentirci più vicini. Mi sono anche preoccupato, per un attimo: non volevo che questo evento pomeridiano potesse diventare un invito ad infrangere gli obblighi legati a questo periodo. Mi sono tranquillizzato quando ho capito che erano tutti molto responsabili e mi seguivano nel rispetto delle regole. Sono felice di avere la possibilità di regalare momenti felici e spensierati alle persone, questo è il vero dono della musica

La scaletta? La scelgo al momento e canto liberamente, mi diverto!”

Domani è il primo maggio e Dario ci farà compagnia con un altro suo concerto, quindi doppio appuntamento per questa settimana!

Grazie di cuore da parte di tutti noi. E quando tutto sarà finito, sappi che noi e tutti i lettori di questo blog avremo tanta voglia di sentirti ancora!