La sorgente misteriosa 2 parte4 minuti di lettura

2ª PARTE
Camminarono a lungo finché, a un certo punto, si accorsero di non riuscire bene a comprendere quanto tempo fosse trascorso dalla loro partenza. Era una sensazione strana, il tempo sembrava come sospeso.
Mai avrebbero potuto immaginare cosa stava accadendo. Il salvan li aveva visti arrivare e, uditi i loro discorsi, aveva deciso di divertirsi un pochino. Aveva così pronunciato un incantesimo secondo il quale chi giungeva nel bosco perdeva la concezione del tempo.
Nel mentre, poco distante dal sentiero, Filippo e Giacomo videro una sorgente d’acqua zampillante che veniva raccolta in alcuni tronchi scavati a mo’ di fontana. Subito pensarono che si trattasse di una sorta di contenitori d’acqua per gli animali del bosco ma in seguito sorse loro un dubbio. E se fosse stata quella l’acqua benedetta? Come fare però per saperlo?! E anche se si fosse trattato dell’acqua che cercavano… come avrebbero fatto a portarla a casa? Non avevano portato nulla con sé e… toh, chi si vede! I due fratelli erano rimasti impietriti: il salvan era davanti ai loro occhi in carne, ossa e pelo, molto pelo coperto in parte da corteccia di albero e da pigne. Mamma mia quanto era brutto!
Il salvan si avvicinò e li osservò a lungo, in silenzio; girò loro attorno e, infine, disse alcune parole. La sua lingua sembrava quasi ladino, ma era diversa, forse un ladino arcaico. In verità non si capiva bene cosa dicesse. Di certo è, che di quella parlata triviale, i due fratelli riuscirono a intendere solo che quell’acqua era per gli animali del bosco e che la sorgente si chiamava Brenc. Quella che cercavano loro invece si trovava più avanti e in un luogo molto difficile da raggiungere. Egli avrebbe potuto aiutarli, ma a una condizione: prima avrebbero dovuto conquistare la cima della Valsorda, trovare la cava del bol ‒ ossia le miniere di ematite ocra rossa ‒ e prenderne un po’ per lui, dopodiché li avrebbe aiutati.
Un tempo, con questa pietra rossa e friabile, i pastori e i cacciatori tracciavano sulle rocce delle montagne scene di vita pastorale, di caccia e frasi che volevano lasciare come segno del loro passaggio. Il salvan ne voleva un po’ per sé per decorare la sua grotta.
Non ci voleva anche questa! Fortunatamente ai due ragazzi sovvennero le parole del padre e così acconsentirono alla richiesta del salvan e, seppur controvoglia, salirono verso la cava. Ci volle un bel po’ prima che raggiungessero la meta e, una volta arrivati, non riuscirono a trovare nulla. Lassù c’era ancora un bel po’ di neve che ricopriva ogni cosa con la sua coltre bianca. Fu allora che si resero conto che, sebbene avessero attraversato il bosco bagnato e camminato in pozzanghere, macchie di neve e d’essersi immersi fino al ginocchio, erano ancora perfettamente asciutti e puliti.
«Che magia è mai questa?» disse Filippo ad alta voce rivolgendosi a Giacomo. «Dovremmo essere bagnati e sporchi. Qui c’è qualcosa di misterioso, fidati». «Beh, di che ti lamenti?» rispose il fratello. «Almeno nostra madre non si arrabbia. Se qui c’è da preoccuparsi è per qualcos’altro. Ormai siamo sicuramente via da un bel po’ di tempo, sono successe troppe cose… speriamo di tornare prima che faccia buio. Certo però che è strano… in verità qui tutto sembra strano e la cosa non mi piace per nulla».
Eh sì, non c’era tempo da perdere.
Finalmente più tardi arrivarono in cima, trovarono la cava e, grazie agli attrezzi consegnati loro dal salvan, riuscirono a raccogliere l’ematite. La riposero con cura in un sacchetto e cominciarono a scendere rapidamente. Mentre stavano scendendo, improvvisamente udirono un rumore forte, come il frastuono di un vigoroso corso d’acqua. Si fermarono e videro una bellissima cascata, poco dietro il colle dove si trovavano. Il sole penetrava attraverso i rami degli abeti ancora ricoperti di neve, illuminandola. «Che acqua! Sembra miracolosa!» disse Giacomo. «Vuoi vedere che è l’acqua che cercavamo?» rispose Filippo. «Pensa, non dovremo neppure tornare dal salvan. Se ci affrettiamo riusciremo a portare a papà l’acqua e l’ematite, così potrà tinteggiare tutta la casa e benedirla».
Il ragazzo aveva appena finito di proferire le ultime parole che, da dietro un sasso, vide spuntare la testa del salvan. I due fratelli impallidirono… avevano pensato di derubare il salvan della sua ematite, ma non avrebbero mai dovuto neppure prendere in considerazione un’idea del genere! Probabilmente sarebbero finiti in un pentolone e, poi, chissà.
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