La sorgente misteriosa 3 parte2 minuti di lettura

Salvan

3ª PARTE

In verità il salvan non era arrabbiato. Era divertito e se la rideva sotto i baffi, ma mantenne un’espressione seria così da continuare il suo scherzo e disse:

«Donca picoi fornac
ve l’aede cavada
e ajache no l’aede falada,
ve lasceré en don tant l bol che l’èga
se saede co far a lasciar chesta valada».

«Dunque piccoli abitanti di Forno,
ce l’avete fatta
e visto che non l’avete mancata,
vi lascerò in dono sia l’ematite che l’acqua
se riuscirete a lasciare questa vallata».

Figuratevi lo stupore dei due fratelli. 

Invece il salvan fu di parola e donò loro due coppette in legno. In una vi era l’ematite e nell’altra l’acqua. Giacomo e Filippo non riuscivano a credere a quanto stava succedendo, sembrava tutto un sogno: non proferirono più alcuna parola e, chinato il capo in segno di riconoscenza, ripresero il sentiero che portava a casa.
Non fu facile scendere senza rovesciare nulla e, quando finalmente spuntarono dal limitare del bosco, il sole stava per tramontare e gli animali erano ancora nello stesso prato dove li avevano lasciati. «Meno male», disse Giacomo, tirando un sospiro di sollievo. «Che fortuna che abbiamo avuto», aggiunse Filippo. E Giacomo ancora: «Che paura però. Adesso portiamo tutto a casa e tu non farti mai più venire in mente certe cose!». «Hai ragione», rispose il fratello, «però prima di mostrare al papà e alla mamma cosa abbiamo portato, raccontiamo loro la nostra avventura. Nel frattempo queste due ciotole le nascondo nella stalla».
Così durante la cena i due raccontarono per filo e per segno cosa era successo, e quando venne il momento di mostrare i doni del salvan, si recarono nella stalla. Aprirono il grande portone e… cosa videro? L’asino si era bevuto tutta l’acqua e con il muso ancora arrossato dall’ematite aveva abbellito i muri di un bel colore rosso naturale. Giacomo e Filippo si guardarono: “Era di nuovo uno scherzo di quel… coso? Quell’uomo selvatico?”.
Il padre osservò la scena e, con un’espressione che ricordava quella del salvan quando li aveva beccati in flagrante, rivolto ai figli disse:

«No le aede mia dute a cuert:
siede valenc, ma ence bogn zucogn,
siede desche chel,
doi asegn e mutogn!».

«Siete un po’ bislacchi:
siete buoni, ma anche dei gran zucconi,
siete come quello,
due asini e tontoloni!».

Da allora gli abitanti di Forno sono chiamati musciac, ovvero asini, come si dice in ladino fassano o anche musciati, come li chiamò dal quel giorno la loro madre.

FINE

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