2021 Moena raggiunge il suo sogno

Febbraio sarà un mese da ricordare per la Val di Fassa, soprattutto per il comune di Moena e la località Passo San Pellegrino.

Vi chiederete perché.

Finalmente un grande sogno, a cui da sempre si puntava, è stato raggiunto e anche in Val di Fassa verrà disputata la Coppa del Mondo Femminile di sci alpino.

Per la disciplina dello sci da discesa libera non tutte le piste hanno le caratteristiche ideali: queste, infatti, devono rispettare rigidi standard di lunghezza e livelli di tecnicità. Standard che la new entry del Col Margherita, la pista “Volata” è riuscita a soddisfare. Tanti sono i punti molto tecnici e difficili di questa pista, ma, secondo una delle nostre atlete azzurre emergenti, il primo ostacolo si presenta alla partenza e cioè il meraviglioso panorama che non si può far altro che ammirare. Come darle torto!

Siamo tutti molto elettrizzati e auguriamo a tutte le atlete di scendere in campo con tutte le loro competenze tecniche e materiali migliori e di fare una bella gara (un occhio di riguardo va chiaramente sempre rivolto verso le nostre atlete azzurre).

Ma a proposito di materiali… Come molti di voi sapranno, l’attrezzatura da sci non è sempre stata così. Al giorno d’oggi tutto è molto più performante e con un design progettato per aiutare lo sciatore o atleta nei movimenti, mentre ai tempi era ben diverso!

sci

Non ci sono dati certi ma si pensa che lo sci fosse usato dai popoli Scandinavi già nel 2500 a.C. come modo per andare a caccia e a pesca nel loro territorio che era coperto di neve per la maggior parte dell’anno.

Da questo periodo in poi lo sci alpino si è evoluto enormemente negli anni. Le popolazioni scandinave usavano un tipo di sci molto simile a quelli che vengono usati oggi, in legno e con un unico lungo bastone che agevolava lo sciatore nel curvare e che oggi ha lasciato il posto ai nostri moderni e ultraleggeri bastoncini.

Nel 1800 invece, il modo prediletto per discendere le montagne era a tacco libero. E qui ci riferiamo proprio al telemark, praticato anche ai giorni nostri, che consentiva (e lo consente anche oggi) di essere molto più libero nei movimenti e agevolato anche in pianura ed in salita.

I primi anni del 1900 sono stati rivoluzionari: negli anni ’20 gli attacchi bloccano il tallone agli sci e nasce lo stile di discesa a sci paralleli. Gli sci sono di legno ma vengono alleggeriti ed accorciati per consentire una discesa più agile.

Nel 1936 la disciplina entra a fare parte dei Giochi Olimpici Invernali di Garmisch-Partenkirchen, nel 1956 a Cortina ed è uno spettacolo.

Sci a bastoncini non sono gli unici ad essere cambiati: anche l’abbigliamento ha subito delle trasformazioni sostanziali che dipendevano anche dalla moda del momento. I nostri papà da piccoli andavano a fare le gare con maglioni di lana e pantaloni da sci con le ginocchiere. Per non menzionare le mitiche tutine che hanno colorato gli anni ’80.

Insomma, l’evoluzione c’è stata in tutti gli aspetti della disciplina e tutto ciò ci fa sentire nostalgici.

Non vi diremo altro e non vediamo l’ora di accomodarci davanti alla tv e fare il tifo a tutte le atlete e, perché no, godere della meravigliosa vista del Col Margherita.

Voi siete pronti?

Le gare si terranno dal 26 al 28 febbraio.

ARTISTA FASSANO STEFANO MERIGHI

Stefano Merighi

È USCITO OGGI, 19 FEBBRAIO, L’ALBUM DI DEBUTTO DELL’ARTISTA FASSANO STEFANO MERIGHI

Se avete già provato l’ebrezza di una passeggiata serale estiva per il centro della nostra Moena, la Fata delle Dolomiti, non potete non aver già assaporato la vocalità sensibile ed esplosiva di Stefano Merighi. Ed è proprio oggi, 19 febbraio 2021, che esce il suo album di debutto “Stefano Merighi Pt.1”, in cui vengono raccolti e raccontati dieci anni di vita dell’autore attraverso la musica.

Stefano Merighi è un cantante e musicista della Val di Fassa, noto agli assidui frequentatori della Valle per i suoi numerosi live nelle piazze dei vari paesi, tra cui Moena. Fin dalla sua infanzia cresce con una grande passione ed un elevato entusiasmo per la musica e tutto ciò che è il mondo che ne deriva e la circonda. Il suo viaggio in questa dimensione comincia partendo dal punk, ma è in età più matura che scopre l’energia trasmessa dal reggae e, con tanta voglia di trovare la propria strada, si cimenta anche nella sperimentazione di generi musicali come il blues, che lo porterà poi a scrivere il suo primo pezzo in lingua ladina: “Fech te mi eies”.

“Ho deciso di dedicare parte del disco al suono dolce e curioso di questa lingua minoritaria parlata tutt’oggi nelle vallate ladine da cui provengo. Proprio in uno di questi brani ho sentito la necessità di portare avanti le radici della mia storia componendo ed arrangiando una poesia di Padre Frumenzio Ghetta, grande storico e portavoce della cultura ladina” ha affermato Stefano stesso.

L’album è composto da sette tracce in lingua italiana, inglese e ladina: “Lum che cresc” e “Le man de mia mare” sono i titoli dei brani che racchiudono la sua voglia di esprimersi attraverso la musica omaggiando la nostra cultura linguistica minoritaria.

 

“Stefano Merighi Pt.1” è ora disponibile su tutte le piattaforme digitali e comprende anche “Sweet Gyal”, il primo singolo estratto dal disco. È possibile richiedere anche una copia fisica dell’album contattando direttamente l’artista sui suoi canali social Facebook e Instagram.

Nell’attesa di una stagione estiva carica e piena di energia, Stefano Merighi vi aspetterà sicuramente in qualche angolo di Moena, pronto a raccontarvi la sua storia tramite le sue parole e la forza della sua musica.

IL CARNEVALE A MOENA

Carri, musica, maschere, sfilata, balli e tanta allegria sono tutti gli ingredienti che rendono il carnevale di Moena una festa tra le più partecipate del paese.

I festeggiamenti del Martedì Grasso iniziano alle 14:30 con il ritrovo dei partecipanti sul sagrato della chiesa per la disposizione della sfilata. In prima fila ci sono i bambini dell’asilo con i loro costumi multicolore preparati da loro con l’aiuto delle maestre e dei genitori. Ho un bel ricordo di un anno quando tutti i bimbi della “scolina” (asilo) indossavano un “guant brun e bianch” (vestito blu e bianco): erano proprio belli i nostri “Puffi”.

Seguono i carri allegorici inframezzati dai “Bufon, Laché e Marascons” tipiche maschere ladine, che animano la sfilata con dispetti e lancio di coriandoli. Non manca mai il carro della banda che porta allegria e voglia di ballare.

E… “dulcis in fundo” c’è anche il carro dei coscric (ragazzi che compiono 18’anni nell’anno corrente) con i loro bei cappelli carichi di fiori e nastri colorati, tutti allegri e sorridenti e magari “ence mìngol torogn” (anche un po’ allegri).

La parata si conclude nella piazza di Sotegrava dove il DJ prende il sopravvento.

I ragazzi e le ragazze iniziano a ballare con entusiasmo ed energia senza fermarsi mentre i più piccoli, immedesimandosi nei loro costumi, giocano e scherzano lanciando coriandoli. I genitori li sorvegliano degustando le buone “fortaie” (dolci fritti che possono essere serviti con la marmellata o la nutella) preparate dai volontari del gruppo di Ciajeole, mentre il gruppo dei volontari degli “Alpini” prepara the caldo ed un delizioso e profumato vin brulè.

All’imbrunire la gente si sposta sulle sponde dell’Avisio dove è posto il “carnascial” che verrà bruciato. Il “carnascial” è simbolo dell’inverno che lentamente si allontana lasciando spazio alla primavera.

Purtroppo quest’anno non sarà così, ma noi non ci lasciamo abbattere e tutti questi bei ricordi ci fanno sorridere. Vogliamo continuare a lottare per tornare a ballare, e festeggiare con tutti i nostri compaesani.

 

Rosso di sera, bel tempo si spera

Non so se anche voi lo avete notato, ma gli ultimi mesi di dicembre e gennaio ci hanno regalato dei tramonti favolosi.

Ormai da un anno viviamo un periodo monotono ma pieno di sfide, stress e preoccupazioni, e sicuramente l’arrivo dell’inverno non ha aiutato la situazione: il freddo, la tantissima neve che ha imbiancato la Val di Fassa e infine ci si mette anche il sole, che nel pieno dell’inverno, ci saluta nel primo pomeriggio. Noi moenesi poi ce ne accorgiamo subito essendo la nostra adorata Fata delle Dolomiti in una conca, soprattutto noi che viviamo sulla sponda ovest del fiume Avisio e tanto invidiamo i concittadini che abitano nella graziosa frazione di Someda, dove il sole può essere goduto un po’ più a lungo.

Ma sto divagando.

Gli impegni e il lavoro ci costringono a stare concentrati e con gli occhi puntati verso gli schermi dei nostri computer, ma basta alzare un attimo lo sguardo non appena cala il sole, per godere di uno spettacolo mozzafiato.  A volte il cielo si tinge di colori pastello, mentre altre volte è caratterizzato da colori vivaci. Ogni giorno è una sempre una sorpresa, ma sempre bellissimo.

Ma non è solo il cielo ad assumere colori spettacolari, e i nostri seguaci più arditi probabilmente lo sapranno, anche le montagne giocano la loro parte riflettendo questi colori e dando vita al fenomeno dell’Enrosadira.

Spesso, per liberare la mente dai pensieri, faccio una passeggiata lungo il la stradina che attraversa il prato di Sorte, ottima per avere una visuale a 360 gradi su Moena e dintorni. Non scelgo però un momento a caso: cerco di andarci sempre quando il sole tocca la collina su cui si trova la piccolissima frazione di Penia e dove, ahimè, si vedono ancora le ferite causate dalla tempesta Vaia. Questo perché, una volta imboccata la strada per il ritorno e concludere il giro ad anello, mi ritrovo davanti ad un quadro.

Il paesino di Moena, animata dalle prime luci serali, e sullo sfondo la Roda de Vael, parte del Gruppo del Catinaccio e regno di Re Laurino, il Sassolungo e il gruppo dei Monzoni. Tutte queste meravigliose montagne sono lì stoiche e pian piano si tingono di un rosa acceso.

Tutta l’atmosfera ha un nonsoché di nostalgico ma che allo stesso tempo da un senso di pace e tranquillità… insomma, vedere per credere.

Attorno a Moena ci sono una miriade di posti da cui ammirare questi meravigliosi tramonti, io spesso mi limito a guardarli dalla finestra, e nonostante questo mi ritengo davvero fortunata a vivere in un posto così.

Possiamo vedere il tramonto anche in senso metaforico: l’arrivo del buio che lascerà poi spazio alla luce, un simbolo di buon auspicio per quanto riguarda questo futuro incerto segnato dalla pandemia.

La perfetta applicazione del proverbio “rosso di sera, bel tempo si spera”.